Sharenting: i pericoli della condivisione online di contenuti sui minori da parte dei genitori
Basta farsi un “giro” su Facebook per poter constatare quanti genitori, nonni, zii e il resto della rete parentale pubblichino allegramente le foto di figli e nipoti.
Basta poi farsi un giro in qualche studio legale per rendersi conto di come la questione apparentemente di poco conto sia causa di furibondi litigi, soprattutto nelle controversie familiari relative all’affidamento e gestione dei minori.
Partiamo da un punto per me imprescindibile: personalmente e professionalmente trovo questo genere di attività aberrante, improvvida e pericolosa ed assieme a me tanti altri , tra i quali il Garante per la protezione dei dati personali, che lo scorso 13 novembre con uno specifico provvedimento ha fornito un’indicazione univoca su quale sia lo stato dell’arte, ammonendo un padre che aveva pubblicato una fotografia del figlio infraquattordicenne su Facebook, senza il consenso dell’altro genitore.
Il quadro normativo di riferimento è costituito dal GDPR , che all’art. 8 affida il compito di prestare il consenso al trattamento dei dati del minore di quattordici anni a chi esercita la responsabilità genitoriale ; ciò anche in base all’art.2-quinquies, che specificatamente indica a necessità di una protezione particolare per i minori in ambito digitale. E’ infine necessario , ex art.5 GDPR, che il trattamento avvenga sulla base di una valida base giuridica, il consenso dell’interessato .Alle norme del GDPR si affiancano quelle internazionali, nel caso di specie la Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata con la legge 176/91,la quale agli articoli 1 e 16 prevede espressamente il diritto del minore a vedere tutelata la propria immagine e la sua sfera privata. Da quanto scritto , direi perciò che emerge in modo piuttosto evidente la volontà del legislatore di proteggere il minore nel mondo digitale, poichè dalle dinamiche dell’internet deriva una diffusione incontrollata delle informazioni, virale, che ne pregiudica la riservatezza .
Quindi come ha deciso l’AG? Ha ritenuto violato l’art.5 GDPR poiché la pubblicazione dell’immagine del minore era priva di una valida base giuridica, mancando ex art. 2 e 8 GDPR, il consenso di entrambi i genitori che congiuntamente esercitano la responsabilità genitoriale. L’Autorità ha evidenziato inoltre come la pubblicazione di immagini di minori sui social, porti con sè una serie di imprevedibili conseguenze giuridiche, ma non solo, che vanno ad interessare la loro sfera privata e il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali.
Il provvedimento adottato dal Garante è una risposta dell’ordinamento al fenomeno dello sharenting, cioè dell’abitudine, purtroppo sempre più diffusa tra genitori e nonni (più tra i genitori in realtà perchè i nonni sembrano essere più cauti)di pubblicare sui social le foto e i video dei figli, non avendo alcuna consapevolezza di ciò che potrebbe accadere, perchè purtroppo i social sono territorio di caccia dei pedofili. Assicuro che è molto facile attraverso foto e video capire molto del minore che diventa così una preda appetibile
Bisogna sottolineare come il provvedimento del Garante sia in linea con quello della giurisprudenza di merito, secondo la quale il carattere pervasivo e permanente della diffusione in rete, unito alla possibilità di un loro uso per scopi illeciti, delle immagini dei minori da parte di terzi di animati da cattive intenzioni, amplifica i rischi connessi alla violazione della riservatezza con grave pregiudizio per il minore stesso. Vale la pena leggersi l’ordinanza del 19 settembre 2017 del Tribunale di Mantova, la quale ha indicato in modo chiaro che la pubblicazione di immagini di minori può esporli a pericoli concreti, tra cui il cyberbullismo, il furto d’identità e il rischio di sfruttamento sessuale online.
Se proprio mammina o paparino vogliono a tutti costi pubblicare il video della propria stirpe che tormenta il cane di casa , cosa debbono fare? Evitare la pubblicazione di fotografie che possano rendere facilmente identificabile il minore, al fine di proteggerne l’identità e limitarne l’esposizione nell’ambiente digitale , così da renderle meno appetibili per i malintenzionati ,ad esempio pixellando o sfocando i volti , gli occhiali o i cappelli finti non servono. Infine si possono settare le impostazioni di privacy, così che la condivisione di foto e video avvenga solo tra un gruppo ristretto e predefinito di utenti, limitandone così la possibilità di diffusione.
Avv. Raffaele Mantovani, foro di Modena.