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RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO (SUPERBONUS 110%, BONUS FACCIATE, SISMABONUS) E PROFILI DI RESPONSABILITA’ PENALE DEL CONTRIBUENTE

19 Giugno 2024
Scritto da Claudio Natali

Come purtroppo è noto, le misure adottate dai passati Governi a sostegno dell’edilizia e della riqualificazione del patrimonio immobiliare ed efficientamento energetico (superbonus 110%, bonus facciate, sismabonus e altre), seppur improntate a più che condivisibili obiettivi, hanno contemporaneamente innescato quella che – a detta di tanti addetti ai lavori – sarà ricordata come la più grande truffa della storia della Repubblica.

Tutti abbiamo infatti letto, nelle cronache degli ultimi anni, di svariate frodi connesse con la fruizione dei bonus di cui sopra, che hanno generato per l’economia reale danni miliardari.

Il campionario delle condotte fraudolente che le Procure della Repubblica stanno tuttora esaminando è vastissimo e non è certo questa la sede per dilettarsi in esercizi di elencazione e classificazione; ciò che invece preme, ovviamente senza pretesa di esaustività, è analizzare i potenziali profili di responsabilità penale dei beneficiari dei bonus, ossia i contribuenti – committenti.

Per comprendere quanto si andrà a dire nel prosieguo è opportuno ricordare in che modo si concretizza, per il beneficiario, la fruizione del risparmio di spesa.

A fronte dell’esecuzione di uno (o più) degli interventi di efficientamento e riqualificazione individuati dai diversi interventi legislativi che si sono succeduti sul tema, il contribuente matura un credito fiscale la cui entità è calcolata in percentuale (110%, 90%, 70%, 65%, 50% a seconda dei casi) rispetto alla spesa sostenuta per l’intervento.

A questo punto il contribuente può, alternativamente:

  • Utilizzare tale somma per compensare, nel tempo, quanto dovuto all’erario;
  • Cedere il credito d’imposta all’impresa esecutrice dei lavori mediante il meccanismo del c.d. sconto in fattura;
  • Cedere il credito a banche e altri intermediari finanziari.

Cosa accade se l’intervento di riqualificazione edilizia non viene effettuato o completato, ovvero se non si rispettano i requisiti per maturare il beneficio (quale, ad esempio, il miglioramento delle prestazioni energetiche di due classi di efficienza in più) ma, ciononostante, il beneficio viene erogato?

Occorre fare una premessa. I reati che si andranno ad esaminare sono tutti puniti esclusivamente a titolo di dolo, è necessaria – lato contribuente – la consapevolezza dell’illecito da accertarsi secondo i canoni classici di verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo elaborati dalla giurisprudenza penale.

Pertanto, ferma restando tale verifica, a seconda delle concrete modalità con cui si è estrinsecata la condotta può astrattamente configurarsi la sussistenza di talune (o eventualmente di altre, a seconda delle peculiari modalità dell’azione) delle seguenti fattispecie di reato.

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Viene punito con la reclusione da 2 a 7 anni chiunque, mediante artifici e raggiri, inducendo taluno in errore, si procura un ingiusto profitto conseguendo indebitamente contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

Basta infatti considerare che il beneficio, per il contribuente, è rappresentato da una riduzione dell’imposta dovuta all’erario, facilmente assimilabile al concetto di contributo o erogazione agevolata richiamato dalla norma incriminatrice.

Indebita percezione di erogazioni pubbliche

La fattispecie in esame sanziona con la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni la condotta di chi, fuori dai casi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.

Ferme restando le considerazioni già svolte sulla natura della riduzione d’imposta conseguente all’erogazione del bonus e senza soffermarci qui su considerazioni giuridiche riguardanti la differenza con il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, occorre precisare che il reato in esame prevede una soglia di punibilità di € 3.999,96, sotto la quale la condotta avrà unicamente con una sanzione amministrativa da € 5.164 ed € 25.822 (oltre ovviamente al recupero di quanto indebitamente percepito).

I due reati ora esaminati attengono, per così dire, alla porzione della condotta illecita che riguarda la fase di richiesta di fruizione del beneficio; tuttavia – dato che il risparmio di spesa connesso all’esecuzione degli efficientamenti consiste in un credito d’imposta, possono venire in rilievo almeno i seguenti ulteriori reati.

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

La fattispecie, punita dall’art. 2 D. lvo 74/2000 con la pena della reclusione da 4 a 8 anni, sanziona la condotta del contribuente che indichi elementi passivi fittizi nelle dichiarazioni annuali relative all’imposta sui redditi e IVA, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, con il fine specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Il tipico caso in cui è possibile ravvisare gli estremi del reato in questione è quello di lavori mai iniziati o solo parzialmente eseguiti, ovvero in ipotesi di sovrafatturazione.

Indebita compensazione

L’art. 10 bis D. Lvo 74/2000 così recita: “E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro”.

Senza addentrarci nella complessa distinzione tra le nozioni di credito inesistente e non spettante (basti qui dire che un intervento sorretto da bonus fiscale che non sia stato iniziato od ultimato o che comunque non soddisfi i requisiti fissati per la sua erogazione non può essere portato in compensazione), è immediatamente percepibile dalla lettura del dato normativo la perfetta corrispondenza tra la fattispecie astratta di reato ed il “meccanismo” fiscale di compensazione del credito d’imposta conseguente all’intervento edilizio svolto.

E quindi l’integrazione del reato in parola.

Anche il reato di indebita compensazione prevede una soglia di punibilità (compensazione di crediti per più di 50.000 € / anno di imposta) che, se non superata, relega la rilevanza del fatto al solo ambito tributario (con le conseguenti sanzioni pecuniarie oltre al recupero a tassazione per quanto attiene alla maggior imposta dovuta per effetto dell’indebita compensazione dei crediti).

Bastano queste note minime e non esaustive a far comprendere al lettore quanto possano essere serie le conseguenze per il contribuente, senza dimenticare che in tutti i casi sopra esaminati, fermo restando il recupero – da parte dell’Erario -delle some indebitamente percepite, l’autorità giudiziaria può procedere già in via cautelare a sequestri di somme anche per equivalente (ossia aggredendo qualsiasi bene / somma / credito / titoli nella disponibilità dell’indagato) per assicurare che il recupero delle somme indebitamente percepite dal contribuente abbia esito favorevole. Peraltro, in ragione della sovrapposizione teorica di diversi piani di rilevanza della condotta (fiscale, tributario e penale), il contribuente si vedrà, per così dire, accerchiato su più fronti, ognuno dei quali potrebbe esporlo a diverse ed importanti conseguenze.

Fin qui abbiamo esaminato la situazione astratta in cui il contribuente ha avuto contezza dell’illecito e, ciò nonostante, ne ha agevolato o tollerato la commissione.

Cosa succede tuttavia qualora egli sia vittima inconsapevole di una truffa perpetrata da terzi a suo danno ovvero qualora, iniziati gli interventi edilizi in un contesto di piena legalità, gli stessi non siano portati a termine dall’impresa esecutrice nei termini di legge necessari per la fruizione del bonus ovvero non rispettando quei requisiti tecnici a cui pure era vincolata l’erogazione del beneficio?

Si aprono nuovi scenari altrettanto complessi ed ulteriormente complicati dal fatto che, secondo la normativa di settore, il contribuente è comunque obbligato in solido con gli altri attori dell’intervento edilizio per quanto attiene alla restituzione delle somme indebitamente percepite mediante il meccanismo del credito d’imposta.

Ovviamente ogni situazione è peculiare e deve essere esaminata nella propria unicità; tuttavia, come anche chiarito dall’Agenzia delle Entrate con diverse circolari che si sono succedute nel corso degli anni, è necessario che il contribuente – ricorrendone i diversi presupposti – denunci il fatto all’Agenzia delle Entrate o alla Procura della Repubblica, per evitare di poter incorrere nelle conseguenze che si sono sopra brevemente elencate.

 

Anche in ragione del susseguirsi di interventi correttivi e di emendamenti in senso sempre più restrittivo alla (già di per sé complessa) normativa di settore, il quadro di sistema è ancora alquanto mutevole e ricco di incertezze, con prevedibili conseguenze per tutti gli operatori del diritto ed anche per gli organi statali chiamati all’accertamento degli eventuali illeciti connessi agli interventi di riqualificazione soggetti a bonus fiscale.

Il consiglio che si può formulare qualora si versi in una situazione simile a quelle sopra descritte è quello di affrontare immediatamente la situazione con l’approccio inevitabilmente multidisciplinare che è imposto dalla sovrapposizione dei diversi profili di rilevanza della condotta.

 

Avv. Claudio Natali, foro di Modena.