“Il provvedimento amministrativo di ammonimento del Questore in caso di stalking è revocabile? Alla discussa querelle la recente giurisprudenza risponde negativamente”
Il reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p. – meglio noto come “stalking” dal linguaggio anglosassone che letteralmente significa “atto di fare la posta alla preda” – è frequentemente noto nostro malgrado alla cronaca giudiziaria e giornalistica.
Trattasi di un reato abituale che in punto oggettività materiale è incentrato sul necessario ripetersi di una condotta di minaccia e/o molestia causativa di uno dei tre eventi alternativi tipizzati dalla norma, ovvero: un perdurante e grave stato di ansia o paura della vittima, il fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona o persone comunque ad essa effettivamente legate, la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita in conseguenza delle continue e reiterate persecuzioni dello stalker.
Il disagio che pervade la vittima di stalking è dunque evidente: quest’ultima viene infatti catapultata in un tunnel quotidiano di costante angoscia che porta inevitabilmente a destabilizzarne la serenità oltre che l’equilibrio psicologico.
La giurisprudenza di legittimità si è più volte interrogata sul concetto di “reiterazione” giungendo ad affermare che quest’ultimo non può essere equiparato a quello di serialità, con la conseguenza che sono sufficienti anche due soli episodi per integrare il reato de quo, a condizione ovviamente che i medesimi episodi siano connotati dalla necessaria carica offensiva tale da incidere causalmente sull’equilibrio emotivo e psicologico della vittima: non occorre dunque una lunga sequela di azioni delittuose per ritenere configurabile il reato di stalking, ma è sufficiente che esse siano di numero e consistenza tali da ingenerare in capo alla vittima il fondato timore di subire un’offesa alla propria integrità fisica e/o morale.
Ciò posto è dunque evidente che in presenza dei presupposti sopra descritti non bisognerebbe mai soprassedere e giustificare chi commette simili angherie e tutelarsi il prima possibile, posto che la violenza che viene subita silenziosamente e giustificata passivamente non si assopisce – come purtroppo si pensa o meglio si spera – ma genera a sua volta altri episodi di violenza fino a sfociare spesso (e purtroppo) in tragici episodi di omicidi e femminicidi.
Quid iuris: come agire? Oltre alla denuncia il nostro ordinamento giuridico prevede anche un altro strumento alternativo che ha sostanzialmente lo scopo di garantire al soggetto passivo una tutela (forse) più rapida ed anticipata rispetto ad un eventuale procedimento penale: trattasi del provvedimento amministrativo di ammonimento del Questore ex art. 8 D.L. n. 11/2009 – convertito con modifiche e integrazioni dalla Legge n. 38/2009 – il quale per espressa previsione legislativa non può essere richiesto dalla persona offesa se quest’ultima ha già presentato querela per il reato ex art. 612-bis c.p., mentre è ammissibile se è proposta denuncia/querela per reati differenti.
Trattasi dunque di una misura finalizzata a scoraggiare e dissuadere ogni forma di persecuzione e che assolve pertanto ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva – in quanto mira ad evitare che le azioni contestate persistano e provochino danni irrimediabili o appunto tragiche conseguenze – per adottare la quale il Questore non si basa su prove effettive, ma su elementi e indizi che facciano ritenere credibile e/o verosimile la versione dei fatti della persona offesa (quasi sempre si tratta di una donna).
L’autore delle condotte viene informato che è stato avviato un procedimento amministrativo al cui termine potrebbe essere ammonito, e in questa fase può presentare le proprie difese e offrire la propria ricostruzione dei fatti.
Spesso però tale fase informativa non viene svolta esaustivamente – anche per l’urgenza di apprestare una tutela tempestiva alla persona stalkerizzata – e quindi il medesimo soggetto non ha la possibilità di difendersi adeguatamente, soprattutto nel caso in cui che i fatti di cui viene “accusato” non siano veri.
Trattandosi dunque di un provvedimento amministrativo, l’ammonimento del Questore nei confronti dello stalker o presunto tale può essere revocato?
La domanda assume rilevanza in particolare nel caso in cui l’ammonito non abbia proposto impugnazione nei termini di legge – entro 60 giorni davanti al Tribunale Amministrativo Regionale, entro 30 giorni con ricorso gerarchico amministrativo oppure davanti alla Presidenza della Repubblica entro 120 giorni – e nel corso del tempo abbia poi interrotto la condotta persecutoria oppure – caso sopra ipotizzato – non abbia addirittura mai commesso nessuna condotta di tal genere essendo di fatto innocente.
Ebbene, la richiesta di revoca in tali frangenti può essere accolta o no?
La questione è complicata dal fatto che i Giudici amministrativi hanno espresso, negli anni, opinioni diverse.
Proprio di recente, con sentenza del 3 ottobre 2022 n. 826, il T.A.R. Liguria ha affermato che l’ammonimento non può essere revocato in autotutela: l’istanza dell’interessato è stata ritenuta inammissibile dal Questore di Genova e il Giudice ha dato ragione al Questore. Perché? La ragione è che il predetto ammonimento avrebbe effetto “istantaneo”, esaurendosi nel momento in cui l’interessato viene ammonito. Inoltre, afferma il Giudice della Liguria, nessuna norma prevede che l’ammonimento possa essere “ritirato”.
E quindi, una persona che abbia interrotto il comportamento persecutorio o addirittura si sia stabilito a centinaia di chilometri, non può fare nulla? Secondo il Giudice ligure non ha nessuna rilevanza il fatto che l’ammonimento, al contrario, abbia efficacia durevole nel tempo tanto che può portare alla procedibilità d’ufficio del reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p. nei casi in cui all’ammonimento non sia seguita la denuncia da parte della vittima (per la stragrande maggioranza dei casi della donna stalkerizzata).
Né avrebbe, per il medesimo Giudice, alcuna importanza giuridica il fatto che per un soggetto già ammonito sia previsto un aggravamento di pena.
Di diverso avviso è invece il Tribunale Amministrativo Regionale del Trentino Alto Adige, Sezione di Bolzano, che con la sentenza n. 262/2015 aveva – più correttamente ad avviso di chi scrive – ritenuto esattamente il contrario: e cioè che l’ammonimento possa essere revocato con effetti validi da “oggi in poi” quando sia finita la necessità dell’atto ammonitorio.
Cosa si trae da questo “baillame” oggetto di dispute giurisprudenziali non del tutto sopite: che quando una persona viene ammonita è opportuno valutare già da subito se vi siano o meno i presupposti per una impugnazione nei termini di legge, altrimenti i motivi per chiedere una istanza di revoca in autotutela a distanza di tempo dovranno essere precisamente indicati e provati, con il rischio di un rigetto dell’istanza. Inoltre tali osservazioni sono un “monito” per comprendere che quello che può apparire momentaneamente come una semplice intemperanza, un intestardirsi rabbioso contro la fine di una relazione con comportamenti ripetutamente molesti, non è uno scherzo e/o una “ragazzata” senza conseguenze, anzi tutt’altro!
Avv. Antonella Florio, diritto di famiglia, Milano
Avv. Giulia Perri, diritto amministrativo, Milano