Le fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI 2003: il rilievo dei motivi di nullità è un tema ancora attuale?
Immagino sia capitato a tutti di ricevere richieste pressanti dalle Banche quando, per l’attività societaria e la conduzione aziendale, abbiamo chiesto di accedere ad una qualche forma di affidamento (un mutuo, un finanziamento, un’apertura di credito).
Immagino che nei casi di supposta debolezza finanziaria o anche solo per policy o per tutelarsi con un eccesso di garanzia, la Banca ha preteso dai soci, dallo stesso amministratore o addirittura da soggetti estranei all’attività di impresa (i coniugi ad esempio), il rilascio di fideiussioni omnibus ovvero di garanzie utili a rendere solidalmente responsabili il debitore e chi le rilascia non solo per quell’obbligazione ma per qualsiasi debito contratto dal correntista, con l’unico limite di imporre una soglia massima a pena di nullità.
Le fideiussioni sono regolate dal codice civile secondo norme che tendono a riequilibrare le forze tra il garante ed il garantito sul presupposto, ovvio, che il primo sia in condizioni di debolezza contrattuale….
Tuttavia, la prassi bancaria ha portato all’adozione di schemi conformi di fideiussione che derogano in modo sostanziale alla disciplina codicistica.
E’ opportuno chiedersi: le fideiussioni omnibus sono sempre valide?
In realtà no… se riportano alcune clausole.
Ed ecco la storia.
L’ABI, associazione che riunisce gli Istituto di credito operanti in Italia, nel mese di ottobre del 2002 confezionò uno schema destinato a regolare in modo uniforme ed in deroga ad alcune previsioni codicistiche, la fideiussione a garanzia di “operazioni bancarie”.
Va tenuto presente che nel regolamento dell’Associazione gli scopi perseguiti vengono così indicati all’art. 3: “L’Associazione promuove la cultura della legalità, della sana e prudente gestione bancaria, la conoscenza e la coscienza dei valori etici e sociali, dei comportamenti ispirati ai principi della corretta imprenditorialità e di realizzazione di un mercato libero e concorrenziale.
In questi ambiti l’Associazione:
- rappresenta, tutela e promuove i legittimi comuni interessi degli Associati, nonché interessi legittimi specifici di uno o più Associati, purché tali interessi non siano in conflitto con quelli comuni;
- tutela e promuove la reputazione e l’immagine degli Associati;
- favorisce la diffusione dell’educazione societaria, finanziaria e al risparmio”.
Nell’espletamento di tale attività e, in tesi, ispirata al rispetto di tali principi, l’ABI sottopose lo schema di fideiussione alla preventiva valutazione della Banca d’Italia, all’epoca Autorità Garante per la Concorrenza, prima della sua diffusione agli Istituti Bancari.
Dopo un’istruttoria nel novembre del 2003, la predetta Autorità Garante rese il parere n. 14251, ove evidenziò come la disciplina delle fideiussioni omnibus predisposta su base unitaria presentava clausole idonee a restringere la concorrenza.
Venne così adottato il provvedimento sanzionatorio n. 55 del 2 maggio 2005 con il quale la Banca d’Italia dichiarò la contrarietà degli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale dei contratti di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI, all’art. 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287 del 1990, ritenendo che l’applicazione uniforme da parte delle banche delle clausole di “sopravvivenza”, di “reviviscenza” e di rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c., contenute in quegli articoli, integrava gli estremi di un’intesa restrittiva della concorrenza.
Cosa dicono le clausole sanzionate?
Hanno ad oggetto, rispettivamente:
- Art 2 la reviviscenza, per la quale il fideiussore è tenuto a restituire all’istituto di credito le somme da esso incassate qualora i pagamenti siano dichiarati nulli o inefficaci;
- Art 6 la rinuncia ai termini di cui all’art.1957 c.c., grazie alla quale sono fatti salvi i diritti della banca derivanti dalla fideiussione, anche quando non abbia agito nei confronti del garantito entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale;
- Art 8 la sopravvivenza, in forza della quale la fideiussione rimane comunque valida anche nel caso in cui le obbligazioni garantite siano invalide;
Cosa dice la giurisprudenza e soprattutto che rilievo di attualità ha una decisione tanto datata?
Dopo anni di incertezza il 30 dicembre 2021 le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito che quelle clausole sono nulle con la conseguenza, tra le altre, che il fideiussore non può essere chiamato a rispondere dei debiti garantiti quando la banca non abbia avviato un’azione giudiziale nei confronti del debitore principale entro sei mesi dalla risoluzione del contratto di affidamento.
Gli Ermellini hanno invece escluso che la fideiussione sia totalmente nulla salvo che il garante fornisca la prova del fatto che senza quelle clausole la banca non avrebbe erogato il credito.
Cosa ce ne facciamo di queste decisioni?
Possiamo difenderci quando la banca agisce per chiedere a noi fideiussori il pagamento di una somma non rimborsata dal debitore principale: la questione può infatti essere proposta in sede di opposizione a decreto ingiuntivo in via di eccezione.
Oppure possiamo agire per primi per ottenere una dichiarazione di nullità parziale, tenendo presente che la questione è di competenza esclusiva di soli tre tribunali in Italia e precisamente Milano, Roma, Napoli.
Più precisamente l’art 4 comma 1ter del Dlgvo 168/2003 prevede che la competenza a decidere sulla domanda di nullità di cui sopra è:
- della sezione specializzata in materia di impresa di Milano per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Brescia, Milano, Bologna, Genova, Torino, Trieste, Venezia, Trento e Bolzano (sezione distaccata);
- della sezione specializzata in materia di impresa di Roma per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Ancona, Firenze, L’Aquila, Perugia, Roma, Cagliari e Sassari (sezione distaccata);
- la sezione specializzata in materia di impresa di Napoli per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di corte d’appello di Campobasso, Napoli, Salerno, Bari, Lecce, Taranto (sezione distaccata), Potenza, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Messina, Palermo, Reggio Calabria.
Milano si è distinta per aver adottato una giurisprudenza molto rigorosa imponendo al fideiussore di dimostrare l’uso continuo dello schema sanzionato da parte delle banche.
Non basta dunque al fideiussore allegare la prova del fatto che l’impegno sottoscritto contenga le clausole sanzionate ma occorre che egli dimostri che gli istituti di credito hanno dato corso all’intesa anticoncorrenziale, in modo unitario, anche dopo il provvedimento del 2005.
Sembra una prova ardua ma non è impossibile ove si consideri che la materia gode della possibilità di formulare ordini di esibizione in modo ben più ampio e generico di quanto disposto dal nostro codice di procedura civile (art 210 c.p.c.) grazie all’art 3. D.lgs. n. 3/2017 che, come noto, ha recepito nel nostro Paese la direttiva 2014/104/UE.
Tale disposizione consente di ottenere un ordine di esibizione molto ampio che verta anche su intere categorie di prove e segnatamente, nel nostro caso, sui modelli di fideiussione omnibus impiegati dalle banche.
Personalmente ritengo poi che un altro profilo di nullità consegua all’abuso di dipendenza economica di cui all’art. 9 della legge n. 192 del 1998 che configura una fattispecie di applicazione generale, come stabilito dalle SU della Cassazione.
L’articolo 9 recita: «È fatto divieto all’impresa che si trova in una posizione di dominanza, abusare dello stato di dipendenza economica in cui si trova nei suoi riguardi l’impresa cliente o l’impresa fornitrice».
Norma questa applicabile anche ai rapporti tra imprenditori che dunque vale la pena tener sempre presente
Per concludere
Partiamo sempre dal presupposto che la nostra posizione nei confronti delle Banche è difendibile… accertiamoci di quali sono i nostri diritti prima di assecondare le richieste degli Istituti di credito.
Avv. Emanuela Carissimi, diritto bancario, Milano