E’ possibile per una persona beneficiaria di amministrazione di sostegno proporre domanda di separazione o divorzio?
A differenza dell’interdetto, il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva intatta la propria capacità in ordine agli atti personali o personalissimi, ovvero tutte quelle determinazioni negoziali che coinvolgono gli aspetti più intimi della persona, i sentimenti, le scelte religiose e morali.
Sono da considerarsi atti personalissimi il matrimonio, le convenzioni matrimoniali, il riconoscimento di un figlio, il disconoscimento della paternità riguardo al figlio, il testamento, la donazione, nonché le scelte relative allo status personale, dunque la separazione personale ed il divorzio.
Ad oggi, non è più in discussione la possibilità di affidare all’amministratore di sostegno, laddove occorra, compiti di assistenza e rappresentanza con riferimento agli atti di natura personale, sempre che ciò risponda all’interesse del beneficiario. Si consideri che, ad esempio, il divieto di contrarre matrimonio previsto dall’art. 85 c.c. per l’interdetto, non trova applicazione nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in casi di eccezionale gravità, quando sia conforme all’interesse dell’amministrato.
Pertanto, essendo fondamentale la libertà del beneficiario di contrarre matrimonio, egli potrà manifestare il proprio consenso autonomamente o assistito dall’amministratore di sostegno.
Vediamo dunque come è possibile per il soggetto sottoposto alla misura di protezione dell’amministrazione di sostegno provvedere allo scioglimento del vincolo coniugale.
Come precisato in precedenza, l’assistenza dell’amministratore di sostegno non esclude che il beneficiario possa promuovere personalmente un giudizio, se ciò non è espressamente escluso dal decreto di nomina come, ad esempio, può avvenire se l’assistito sia afflitto solo da problemi fisici.
Tuttavia, quando ciò sia escluso ovvero quando l’AdS ritenga necessario promuovere un giudizio, anche in dissenso dal beneficiario, l’AdS non può procedervi a meno che non sia stato autorizzato dal Giudice tutelare, perché il decreto di nomina non può prevedere una autorizzazione generale a promuovere giudizi in favore dell’AdS: ciò, invero, sarebbe in inconciliabile contrasto con la rigorosa disciplina prevista per il tutore, che richiede l’accertamento in concreto, a cura del Giudice tutelare, della conformità dell’iniziativa giudiziaria alle esigenze di protezione.
Ne consegue che per promuovere procedimenti giudiziari ex novo, successivi all’apertura dell’amministrazione di sostegno, ove il beneficiario non possa procedere in proprio per le specifiche limitazioni impostegli, l’AdS deve munirsi dell’autorizzazione rivolgendosi al Giudice tutelare, sia nel caso in cui il beneficiario, pur non autorizzato a procedere personalmente, vi consenta, sia nel caso in cui il beneficiario dissenta, ipotesi alla quale va equiparata quella in cui il beneficiario non sia in grado di esprimere né dissenso, né consenso.
Se dunque l’amministratore di sostegno non può sostituirsi al beneficiario per il compimento di atti personalissimi, non potrà promuovere in autonomia il giudizio di separazione / divorzio per conto del beneficiario, ma potrà al limite affiancarlo e supportarlo nella presentazione della domanda giudiziale. Resta in capo al giudice tutelare il potere di verificare l’effettiva volontà del beneficiario in ordine alla presentazione della domanda di separazione o divorzio, che potrà valutare la necessità di nominare un curatore speciale per l’espletamento dell’incombente.
Qualora, invece, al momento della nomina dell’amministratore di sostegno sia pendente in appello un giudizio di separazione o divorzio, la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 8247 nel 2022 dopo aver ribadito che, come per il tutore, anche all’AdS è fatto divieto – senza autorizzazione del giudice tutelare – di iniziare ex novo giudizi a nome della persona tutelata, ha precisato che l’AdS potrà proseguire quelli che il beneficiario abbia personalmente promosso in epoca antecedente al provvedimento di amministrazione di sostegno, non ricorrendo in tale ipotesi la necessità di compiere la preventiva valutazione in ordine all’interesse e al rischio economico per il tutelato, in quanto già compiuta dall’interessato prima della perdita della capacità.
Pertanto, poiché l’appello si atteggia come prosecuzione del giudizio per la realizzazione dello stesso interesse perseguito dal beneficiario con l’atto introduttivo del giudizio, anche l’Amministratore di sostegno, tenuto a proteggere gli interessi del beneficiario, non ha bisogno dell’autorizzazione del giudice tutelare per coltivare le liti promosse dall’assistito in epoca anteriore alla sottoposizione alla protezione, perché manca in tale ipotesi, diversamente da quella dell’inizio ex novo del giudizio da parte sua, la necessità di compiere la preventiva valutazione giudiziale in ordine all’interesse ed al rischio economico per il beneficiario.
Avv. Linda Zullo, foro di Bologna, diritto di famiglia, delle persone e minori.